POST N° 18 E se la smettessimo di dare sempre la colpa a qualcun altro?

E se la smettessimo di dare sempre la colpa a qualcun altro… Come cambierebbe la nostra vita?

Pensateci, una mattina mi sveglio presto, verso le 5, con le solite riflessioni in testa, le solite arrabbiature nei confronti della vita, per i torti subiti (reali o presunti). Mi sveglio con i soliti pensieri ricorrenti che neanche una notte intera è riuscita a smaltire, che neanche anni di notti intere e risvegli notturni sono riusciti a smaltire e allora che faccio? Inizio le mie pratiche mattutine, un minimo di pulizia spirituale non guasta mai, e niente i soliti riscontri, le solite motio che rimandano alle insoddisfazioni di una vita intera, di mezza vita intera vissuta per l’esattezza. E dire che quando leggevo e rileggevo “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura” non mi comunicava niente tra i banchi di scuola. Mi sapeva di noia mortale. E poi all’improvviso… no non sei arrivata tu come cantava Max degli 883, all’improvviso sono arrivate tutte queste pesantezze che tanto mi ricordano questa selva oscura.

Pensieri egoistici, direte voi, nel bel mezzo di una guerra dove miglaia di persone ogni giorno lottano per la sopravvivenza. Non di solo Covid muore l’uomo, dico io, ma questo non è chiaro ai protocolli, non è chiaro negli ospedali, non è chiaro a chi rifiuta di curare, di operare, di aiutare una persona solo perchè non ha un tampone valido o le dosi di vaccino richieste dal nostro sistema sanitario per essere in regola con la vita. La verità è che si muore anche di insoddisfazione, “Lentamente muore…” diceva qualcuno… Si muore di rabbia, si muore di progetti mancati… mai cominciati… Si muore di paura… E diciamocelo pure si muore di fame e non solo in altri Paesi, come pensa l’opinione comune, che vorrebbe il nostro bel Paese ricco e opulento. Si muore chiudendo le saracinesche una alla volta, in città con economie già stantie. Si muore di Colite Ulcerosa curata male e se non si muore si vive come morti o vivi appesi a un filo. E se la smettessimo dicevamo di prendercela con gli altri e iniziassimo ad assumerci la nostra responsabilità? Come cambierebbe la nostra vita?

Io che cosa faccio oggi per me? Che cosa devo fare che non ho il coraggio di fare? Che cosa rimando da anni e non voglio fare? Di cosa ho paura? Cosa mi trattiene? Perchè non vado a correre? Perchè non scrivo quella lettera che rimando da tempo e che mi sveglia puntualmente la notte tra le 2 e le 3 da mesi? Di cosa ho paura che non venga letta? Che non venga capita? Con chi ce l’ho? Ma poi a me cosa importa se viene o non viene letta, se viene o non viene capita, se la mia esigenza è comunicare il mio pensiero? Facciamo perchè sentiamo l’esigenza di fare e trattenendoci non facciamo altro che continuare a rimuginare e rimuginare e rimuginare e se non lo fa la nostra milza, lo fa il nostro intestino.

Avete mai notato che quando state meglio fisicamente state peggio emotivamente e quando state peggio fisicamente state peggio emotivamente? Come mai? Avete presente la teoria dei vasi comunicanti? Non c’entra niente! O meglio c’entra in parte. Ve lo spiego con un esempio banale, tutti abbiamo in mente le pratiche pacifiste di Gandhi quando pensiamo all’India, eppure se provate a prendere un treno in Kerala tra sud e nord potreste accorgervi che per sole donne c’è un solo minuscolo vagone in virtù del fatto che per svariate ragioni viaggiano più uomini e che non tutte quelle che viaggiano hanno abbracciato le teorie pacifiste di Gandhi. Dunque se provate a mettere il vostro secco sederino occidentale tra due grossi sederoni indiani (altro mito da sfatare, non tutti gli indiani sono magri), nell’unico mini vagone disponibile e loro al vostro tentativo di inserimento facciano pressione spostandosi leggermente contro di voi (gesto che di pacifista non ha assolutamente nulla) è probabile che vi ritroviate dopo pochi minuti nel vagone per soli uomini tra gli sguardi ostili del sesso maschile che si chiede tra l’odore di fritto e rifritto dei venditori ambulanti a bordo (altro mito da sfatare, non tutto il cibo è ayrvedic correct in India) voi cosa ci facciate li.

In sintesi, ciò che esce dalla porta rientra dalla finestra se non correttamente gestito. Così è il nostro corpo, e attenzione che per corpo non intendo un involucro che fa da veicolo alla nostra anima. Noi siamo un’unica entità, puo’ essere un pensiero ricorrente come può essere una ferita che se non correttamente interpretati non ci mollano. Ma cosa c’entra questo con la nostra salute e con la Colite Ulcerosa? C’entra!

La nostra vita è la somma delle responsabilità che non ci siamo assunti e abbiamo scaricato sugli altri. Questa suonerebbe più o meno come una brutta notizia visto che, evidentemente, se stiamo leggendo questo ‘pallosissimo’ post qualcosa nella nostra vita non fluisce come dovrebbe. Ma come canta la Consoli “si dice che ad ogni rinuncia corrisponda una contropartita…” dunque la buona notizia (e c’è sempre una buona notizia, non dubitatene mai), è che possiamo in qualsiasi momento riprendere in mano la nostra vita e ridipingerla (lo so suona tanto come uno slogan motivazionale ma provate per credere è la verità), potrebbe essere necessario talvolta demolire qualche cartongesso o eliminare qualche carta da parati ma la casa di proprietà siamo noi e per fortuna sulla prima casa non si paga neanche l’IMU. Tocca ristrutturarla ecco e si sa le ditte di ristrutturazione sono un po’ un’incognita se non conosci personalmente come lavorano. Certo c’è anche chi ti propone il 110% per la ristrutturazione, ma ci possiamo fidare?

La Colite Ulcerosa è una della malattie meno capite del nostro secolo e lo sapete perchè? Per un fatto apparentemente banale per quanto noi possiamo aver capito dell’Essere umano non abbiamo capito granchè e soprattutto l’uomo è libero, libero di decidersi, ogni giorno, per la vita o per la morte. Non perchè la vita gli appartenga sia chiaro, come vorrebbe qualche spicciola opinione conformista spacciatasi per -anti, e la vita non ci appartiene semplicemente perchè nessuno è in grado di darsi la vita da sé, il nostro compito è invece quella di custodirla e coltivarla. E questo si vede nella sua vita quotidiana. Tu cosa, mangi? Cosa Pensi? Cosa procrastini che ti fa male? Quali decisioni prese o non prese continuano ad ucciderti o vivificarti ogni giorno? Se la smettessimo di dare sempre la colpa a qualcun’altro, dicevamo all’inizio del nostro post, forse scriveremmo quella lettera che rimandiamo da tempo, chiameremmo il dentista, ricominceremmo a dipingere, andremmo a berci il nostro bicchiere di acqua calda con magnesio e limone che non preparavamo da un po’ e ci metteremmo le nostre scarpe da corsa più comode per uscire a fare una corsetta o una camminata tra gli alberi invece di stare a casa a piangerci addosso.

Lascia un commento